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sport invernali
 

storia dello sci

 
Dalle lontane origini scandinave al ritorno del telemark moderno
 
Antico graffito ritrovato in Norvegia  

Non è facile stabilire con precisione le origini degli sci, di certo c'è solo che fanno parte della storia dei popoli nordici dalla notte dei tempi. Le prime testimonianze certe di attrezzi simili agli sci, usati come mezzi di locomozione, si devono a ritrovamenti fossili risalenti a più di 2500 anni A.C. in Siberia, Scandinavia e Lapponia. Nell'isola di Rodoy, in Norvegia, è stata rinvenuta una splendida incisione rupestre, databile intorno a 4000 anni fa, che rappresenta una figura umana con ai piedi degli inconfondibili sci. Nel IV secolo a.C. Erodoto, nelle Historiae, parla di popoli dell’Asia minore con “scarpe di legno” per spostarsi sulla neve. Avvicinandosi ai tempi nostri, troviamo una descrizione sull'uso degli sci nella Historia de gentibus septentrionalibus scritta da Olaus Magnus, arcivescovo di Uppsala e plenipotenziario del re di Svezia presso la Santa Sede, tradotta dal latino e pubblicata nel 1565.

 
Eva Nansen dressed in skiing pants and dress, Oslo 1899 (Photographic Archive of Fridtjof Nansen's)  

La descrizione, non del tutto precisa, diede modo a Papa Paolo III di definirli "strumenti del demonio". Vengono descritti come “zoccoli di legno e lunghi e in punta ritorti all’insù a guisa d’arco”. Cesare Vecellio, pittore, scrittore e decoratore, cugino del pittore Tiziano, pubblicò in quegli stessi anni un'opera sugli usi e costumi dei popoli della Terra ("Degli abiti antichi e moderni di diversi parti del mondo” Cesare Vecellio, Venezia - 1590) nel quale dà una descrizione, basata su notizie di seconda mano, degli scandinavi con questi improbabili zoccoli ai piedi. Sempre in quegli anni Gustav Eriksson Vasa, prigioniero dei danesi durante l’invasione della Svezia, riuscì a fuggire con gli sci, ritornò in patria dove organizzò la sommossa che diede il via alla guerra di liberazione svedese. Vasa divenne poi re di Svezia con il nome di Gustavo I. In memoria della sua impresa nel 1922 nacque la Vasaloppet, gara di granfondo che si snoda lungo il tragitto di 90 km da lui compiuto durante la fuga. Pare che il primo italiano a calzare gli sci sia stato il prelato Francesco Negri, ravennate, durante un avventuroso viaggio in Lapponia nella seconda metà del XV secolo, nel quale raggiunse Capo Nord. Egli ne parla diffusamente nel suo libro "Viaggio settentrionale", pubblicato postumo agli inizi del 1700: "Due tavolette sottili, che non eccedono in larghezza il piede, lunghe otto o nove palme, con la punta alquanto rilevata per non intaccar la neve". Dopo di lui bisogna attendere parecchio tempo per trovare altre notizie di sciatori italiani. Nel 1886 Edoardo Martinori, di ritorno da un viaggio in Lapponia, portò in Italia un paio di sci, che restarono però solo una curiosità esotica.

Competizione di sci, Olso 1903 (Photographic Archive of Fridtjof Nansen's)


Nel 1888 ebbe grande eco in Europa l'avventura di Fridtjof Nansen, grande scienziato ed e esploratore norvegese, che attraversò la Groenlandia con gli sci percorrendo circa 500 chilometri da Umivik a Godthaab, salendo su vette alte fino a 2700 metri. La diffusione della sua opera, "Paa ski over Groenlandia" (Con gli sci attraverso la Groenlandia - 1890), fece scoprire l'utilità di quegli strani pezzi di legno per spostarsi sulla neve e contribuì notevolmente a diffonderne la pratica.

Escursionisti, Norvegia 1916 (Photographic Archive of Fridtjof Nansen's)


Il "museo dello sci" di Oslo conserva ancora l'attrezzatura originale usata da Nansen. L'ingegnere e cartografo svizzero Marcel Kurz (1887-1967), ottimo alpinista e sciatore, fu uno dei precursori dello sci-alpinismo sulle Alpi. Ne illustrò esaurientemente la tecnica e descrisse le sue escursioni in diverse opere, una delle quali, Alpinismo Invernale, pubblicato in Italia nel 1928, è stato recentemente ristampato dalla casa editrice Vivalda.

 
Norvegia 1924 (Photographic Archive of Fridtjof Nansen's)  

Nel 1890 giunse a Torino per lavoro l'ingegnere svizzero Adolf Kind, alpinista e sciatore, portando con sé un paio di sci di frassino. Le sue evoluzioni sulla neve entusiasmarono gli amici che ne seguirono ben presto l'esempio e, dopo averne imparati i rudimenti, sperimentarono le prime vere escursioni in montagna. Dalla prima salita al Monte Cugno, che diverrà una classica del tempo, alla salite al Colle Bione, alla Carra Saettiva e alla Roccia Corba.Per merito di quegli ardimentosi pionieri, nel 1901 nacque il primo sci club Italiano, lo Ski Club Torino, il cui atto di nascita fu pubblicato nella rivista del CAI, sostituito pochi anni più tardi dalla Federazione Italiana dello Sci (FIS), diventata in seguito Federazione Italiana Sport Invernali, fondata a Milano da Alberto Bonacossa, che ne fu anche il primo presidente. Nel 1902 l'allora Ministro della Guerra Generale Giuseppe Ottolenghi, con decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale , decise di formare alcuni reparti di sciatori da inserire nei reggimenti alpini, che furono utilizzati nella Prima Guerra Mondiale e che contribuirono non poco alla diffusione della pratica dello sci di fondo.

Norvegia 1924 (Photographic Archive of Fridtjof Nansen's)

 
Oslo, Norvegia 1890
(Photographic Archive of Fridtjof Nansen's)
 

Alla fine del 1800 fu introdotto l'uso dei bastoncini, che diedero vita alla tecnica detta del passo alternato, unica tecnica fondamentale dello sci da fondo fino all'avvento del rivoluzionario passo pattinato (skating), sperimentato dal finnico Siitonen. Fu l'americano Bill Kock ad adottarlo per la prima volta alle Olimpiadi, nel 1976 a Seefeld in Austria, dove si piazzò secondo. Proprio in quegli anni comparvero i primi sci da fondo in materiale sintetico: il minor attrito di questi nuovi materiali portò un enorme miglioramento delle prestazioni e della velocità su piste sempre più larghe, battute e levigate. Lo sci da fondo però, perfetto per le enormi distese scandinave, non era l'ideale per le ripide discese alpine. Nella seconda metà del 1800, Sondre Norheim, un falegname norvegese della regione Telemark, cominciò a sperimentare vari sistemi di curva e frenata usando un unico bastone ed attacchi con il tallone libero. La frenata era quella dei saltatori nordici per arrestare la corsa dopo il salto. Nel Telemark si avanza lo sci esterno assumendo la tipica posizione inginocchiata. In quegli anni era la tecnica migliore per l'attrezzatura disponibile. Il tallone libero permetteva una grande libertà di movimento sia in pianura che in salita, ma in discesa lo sciatore era piuttosto instabile: la virata "Telemark" consentiva di affrontare discese più ripide in neve fresca e profonda in sicurezza.

 
Val Gardena 1938  

I movimenti erano molto eleganti e belli da vedere. ll Telemark fu soppiantato negli anni '20 dalla tecnica detta Cristiania, dal nome della regione di Oslo in cui si sviluppò. Grazie a nuovi attacchi che bloccavano il tallone, le curve erano ora condotte con gli sci paralleli. Era nato quello che oggi noi chiamiamo sci alpino. L'evoluzione dello sci alpino è legata strettamente all'evoluzione dei materiali: i vecchi scarponi di cuoio con le stringhe sono stati sostituiti via via con calzature sempre più tecniche, che bloccano la caviglia permettendo un perfetto controllo degli sci. Gli sci si sono accorciati ed alleggeriti, i materiali sempre più sofisticati hanno consentito attrezzi sempre più facili da manovrare. Il Telemark pareva ormai una tecnica superata, invece negli anni '70 in Colorado ci si rese conto che essa era perfetta per lo sci escursionismo: permetteva infatti di avere stabilità anche in discesa, punto dolente di ogni sci escursionista. Inoltre ci si rese conto che, con la stessa attrezzatura, si poteva fare fondo, discesa, sci alpinismo e camminare comodamente. Nel 1983 il telemark fu riproposto, con materiali moderni quali sci sciancrati, scarponi di plastica, attacchi regolabili, dai maestri americani in Europa e in Italia, dando un nuovo impulso a questa splendida disciplina sportiva.


grazie a Alessandro Ghezzer - girovagandointrentino.it